Michela Cerruti si racconta: pilota, imprenditrice e mamma in un "mondo di uomini"

Nella sua carriera, Michela Cerruti, ha guidato tante auto da corsa, monoposto incluse, ma il suo amore più grande è per le ruote coperte. Oggi è una mamma-imprenditrice che vive il mondo delle auto a tutto tondo. Ecco l’intervista con la storia di una donna che vive in un mondo di uomini a cui non rinuncerebbe per niente al mondo.

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Come e perché sei salita su un auto da corsa?

Sono salita in auto come sono saliti in tanti, dato che in famiglia scorreva sangue corsaiolo, ma sono salita tardi, a 18 anni, dopo aver preso la patente. Avevo respirato fin da piccola l’aria delle piste accompagnando mio papà in giro per diversi circuiti. Quando ho preso però la patente sono diventata matta io stessa per la guida. Infatti appena mi è stata regalata la mia prima auto, un Alfa 147 che volevo tantissimo, ho provato a fare il record casello-casello a 18-19 anni. Quando chiamai mio padre tutta fiera per il tempo che avevo fatto mio papà ha capito che pericolo potevo essere per me stessa e per gli altri e così mi fece subito fare un corso di guida sicura con Mario Ferraris. Finito il corso Mario ha provato a convincere mio papà a farmi correre, in tutto questo avevo già 20 anni, ed è stata l’occasione per far rimettere la tuta anche a lui (il papà) dopo 30 anni di pausa. E’ da questo momento che è partita la mia vera carriera prima come pilota e poi come imprenditrice qua alla Romeo Ferraris.

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Hai guidato di tutto nella tua carriera, qual è stata la tua preferita?

Si, mi è capitato di guidare davvero di tutto: dalla Formula Renault alla Nascar, macchine agli antipodi per caratteristiche e peso. Io sono da sempre stata un amante delle ruote coperte, il mio primo grande amore è stata la Mercedes C63 AMG ecco questa era una vera macchina “macha”. Era molto impegnativa da guidare, ma dava un gusto pazzesco anche se dal punto delle prestazioni pure era lontana dalle macchine da corsa che ho guidato dopo. La ricordo ancora con grande amore. Andando avanti l’auto migliore che mi ha dato le più belle sensazioni alla guida è stata la BMW Z4 GT3. Con lei ho fatto anche tantissime gare e mi sembrava proprio mi fosse cucita addosso. Nonostante abbia guidato anche altre GT3 nel corso della mia carriera lei rimane la mia preferita, anche perché l’esperienza con la Z4 è stata anche quella più lunga dal 2012 al 2015. Ho davvero tanti ricordi con lei dato che abbiamo corso in circuiti storici come Spa e il Nurburgring. Per quanto riguarda le monoposto ho sempre avuto un pò più di difficoltà perché non avevo nessuna formazione, non avendo corso con i kart mi mancava un pò di sensibilità e pura didattica di guida. Non è un caso che tra le monoposto quella che mi è piaciuta di più, e con cui ho fatto i migliori risultati, è stata la Auto Gp che era un “formulone” grezzo con tantissimi cavalli, molto pesante e anche difficile da guidare.

Qual è stata la vittoria, o le vittorie, che ricordi con più gioia?

La più sofferta in assoluto, anche a livello fisico, è stata ad Imola con la AutoGp perché ho vinto nonostante la mia schiena e soprattutto era una monoposto e mi ha dato ancora più soddisfazione. Un’altra che ricordo con gioia è la prima a Monza con la Mercedes Rosa davanti a 35 mila persone, non se l’aspettava nessuno che questa macchina rosa potesse battere fior di piloti presenti nel campionato. E poi la prima con la Z4 GT3 sempre a Imola che mi ha reso felicissima.

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Com’è stato vivere in ambiente prettamente maschile?

Ne ho viste di tutti i colori e per fortuna sono una persona ironica e questo alleggerisce molto. In alcuni momenti ho fatto più fatica e questo penalizzava anche le mie performance in pista. Dall’altra parte ci sono state fasi in ascoltavo solo 3-4 persone di cui stimavo l’opinione. Poi essere donna ha anche i suoi vantaggi: per esempio quando vincevo il risultato veniva messo in luce anche se i miei avversari non erano particolarmente felici di essere battuti da una femmina. C’era proprio chi cercava una donna, oggi le cose sono cambiate e c’è molto più supporto alle donne nel mondo del motorsport. Io ho anche imparato molto dagli uomini, anche oggi che sono imprenditrice nel mondo dell’automotive, e a lavorare con loro. Certo ogni tanto torno a casa e vorrei lavorare con 25 donne! Ad un certo punto della tua vita scendi dalle auto da corsa, diventi mamma ed imprenditrice. Io ho smesso di correre nel 2017 ma negli ultimi due anni di corse ho subito due operazioni alla schiena e quindi c’era una situazione fisica che è diventata un ostacolo molto grosso per me e poi vedevo comunque naturale il passaggio dal sedile a Romeo Ferraris perchè l’ho sempre visto nel mio futuro che era una realtà in famiglia. Dico sempre così come sono figlia d’arte nelle corse mi piace pensare di essere figlia d’arte anche per quel lato imprenditoriale fantastico che aveva mio padre con cui ha creato AB Medica che una grandissima azienda ed eccellenza italiana. Mentre avveniva questo passaggio un pò forzato dalla mia condizione fisica è arrivato anche Vittorio, mio figlio, come una bomba atomica e quindi in un anno e mezzo è cambiata completamente la mia vita.

Prima salivi in macchina e guidavi soltanto, oggi invece hai molte più cose da fare e a cui pensare. Com’è cambiata la tua vita?

Ho tante responsabilità legate molto meno alle macchine, ahimè, e più legate alla parte manageriale. Resta comunque la parte sportiva in cui ho avuto un ruolo ancora da pilota come è stato con la Giulietta TCR che abbiamo sviluppato io Mario. Visto anche il nostro diverso stile di guida siamo riusciti a sviluppare una macchina che ancora oggi, a 10 anni dalla sua nascita, è ancora vincente. Il problema è che non ci si ferma alla pista, la mia parte preferita, poi entrano in gioco altri fattori: customer racing, trova i clienti, vendi le macchine e quindi tutta la parte commerciale che non avevamo, segui la produzione (ne abbiamo fatte 30). In più negli ultimi anni abbiamo anche sviluppato e corso nell’E-TCR con la Giulia elettrica, un progetto molto complesso, che ha richiesto grandi investimenti e anche tanto tempo da dedicare alla macchina e alla gestione dei piloti. Nel frattempo c’è anche un reparto stradale che è andato via via crescendo quindi è sempre faticoso per me e Mario gestire queste due realtà. Io ho un ruolo più gestionale e Mario più operativo con le auto, soprattutto per quanto riguarda le preparazioni che ha sempre seguito lui. Quando torno a casa è difficile staccare, la tua azienda ti rimane sempre in testa, oggi è come se avessi due figli.

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Cosa vedi nel futuro e della Romeo Ferraris?

Ci penso spesso e mi faccio diversi pensieri. E’ un azienda che ha avuto molte evoluzioni nel corso degli anni perché se me lo avessi chiesto 3 anni ti avrei detto che vedevo Romeo Ferraris come punto di riferimento per una grande casa automobilistica e diventare un reparto corse per una casa. Non è un segreto che ci abbiamo provato tantissimo con Alfa Romeo dal 2015 al 2022 ma questo non è avvenuto. Non escludo però che questo possa accadere con altre realtà, noi quello che sappiamo fare l’abbiamo dimostrato e non riesco a vedere una Romeo Ferraris come una realtà che non abbia intrinseca un’attività del motorsport nonostante l’anno di stop. Tutto questo però deve essere equilibrato con l’evoluzione che sta avendo il reparto stradale: dopo aver preso Bentley nel 2015, dopo aver costruito il Cinquone oggi Fat Five, siamo diventati importatori e dealer di Morgan e Catheram e stiamo quindi imparando un nuovo lavoro grazie anche all’esperienza della Borghi automobili. Ogni tanto abbiamo delle crisi di identità perché facciamo tante cose dalle attività da concessionaria all’officina specializzata per le preparazioni. Per noi Non è facile trovare un’identità l’obbiettivo è quello di puntare sempre più in alto come punto di riferimento in questo settore perché una realtà così variegata ed efficienti su tutti i livelli non ce sono.

Come vedi le preparazioni delle auto elettriche?

Sinceramente non vedo le preparazioni per le auto elettriche in futuro. Non sono così convinta che sia il futuro l’elettrico, credo che stiamo vivendo un presente di questo tipo. noi l’abbiamo vissuta in maniera molto intensa con un progetto elettrico e quindi sarei ipocrita a dire che l’elettrico non deve esistere. Il nostro progetto racing più grande e sfidante riguarda un auto elettrica. Mi spiace che il campionato sia stato sospeso. Sono anche convinta che ci sarà sempre quella grande nicchia di appassionati rimanga ancora più legata al concetto del motore endotermico e con l’auto classica. Noi vendiamo due marchi che producono sotto i 1.000 pezzi di produzione l’anno e quindi potremo continuare a vendere auto a motore termico anche dopo il 2035 perché sia Morgan che Catheram non sono tenute a costruire auto elettriche. Se effettivamente l’elettrico nel 2035 sarà quello che oggi si dice che sarà, non vuol dire che tutto il resto scompaia. Non ti nego che di pensieri sull’elettrico anche a livello di attività di concessionarie ogni tanto le facciamo perché di opportunità ne arrivano. Secondo me il mondo preparazioni rimarrà dov’è continuerà ad esistere per tutto quello che non è elettrico. Non mi vedo l’acquirente della macchina elettriche il cliente che poi viene qua a prepararla.

Con che auto vieni al lavoro tutti i giorni?

Io guido una Giulia 2.2 diesel, piuttosto normale rispetto le “cose” con cui sono andata in giro, ma vado ho un bambino piccolo e quindi ahimè le cose sportive si abbandonano. Prima della Giulia avevo una Stelvio da 200 cavalli anche se qua dentro avvenivano “magie” al motore, quindi ti dico la potenza di partenza. Ma ho fatto un passo indietro perché era troppo grande e non mi sentivo un pò a disagio ad andare in giro Milano. La Giulia rimane una macchina che mi da un gran gusto a guidarla e sono due anni che la uso.

Meglio la tuta da corsa o gli abiti civili?

Quando correvo mi lamentavo perché in tuta ero “l’anti-femminile” in assoluto, anche perché esteticamente ero diversa: avevo il collo e le spalle molto più grosse. Vivendo di allenamenti mi si gonfiava la parte superiore e stare in tuta non mi piaceva particolarmente a livello estetico. Quindi oggi non mi manca mettermi la tuta in senso fisico, la indosserei molto volentieri per salire su un auto da corsa perché mi mancano le gare. Mi è sempre piaciuto essere femminile e vestirmi femminile, ma sono in un contesto particolare e non è neanche il mio stile mettermi il tailleur o abiti succinti. Ai tempi delle corse però quando mi “vestivo da donna” vedevo la sorpresa dei più nel vedermi senza la tuta. Oggi mi sento femminile nel rispetto del contesto in cui sono anche se io donna rimango una sportiva.

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