Inquinamento: gli impianti di riscaldamento inquinano più dei trasporti

Uno studio rivela che circa il 64% dell’anidride carbonica delle nostre città derivi dal riscaldamento degli edifici. Stesso discorso per gli altri inquinanti che sarebbero emessi in maggior parte da altre fonti e non dai trasporti.
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A portare alla luce questa nuova tesi è stato l’Osservatorio Autopromotec che ha ripreso uno studio condotto dal Politecnico di Milano su 5 città italiane medie e grandi: Milano, Genova, Firenze, Parma e Perugia. Secondo l’indagine, condotta dall’Ateneo lombardo, circa il 64,2% del totale delle emissioni di CO2, stimate per le città considerate, è da imputarsi non al trasporto su gomma bensì agli impianti termici per il riscaldamento degli edifici.

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Un risultato allarmante che mette in mostra come il settore del riscaldamento da edifici contribuisca all’inquinamento delle nostre città per una quota parte circa 6 volte maggiore rispetto a quanto prodotto dal traffico veicolare che ferma l’asticella a un 10,2% di emissioni nocive. Chiudono, infine, il cerchio le emissioni prodotte delle attività industriali che concorrono con una quota parte del 25,6% a totale delle emissioni che attanagliano i nostri centri urbani. Lo studio sull’impatto sulla qualità dell’aria urbana da parte delle principali fonti di inquinamento, condotto dal Politecnico di Milano, colpevolizza il trasporto urbano, sia privato che pubblico, solamente per quanto concerne il particolato (PM10 e PM 2,5) definendo i trasporti la maggiore fonte di inquinamento con un 70% e gli impianti di riscaldamento una fonte altrettanto importante con un 30%.
La stessa ACEA, l’European Automobile Manufacturers' Association, non va tanto distante da quanto detto dal Politecnico di Milano anzi rafforza ancor d più la tesi dell’Ateneo milanese affermando che: “Fatta 100 l’emissione totale di anidride carbonica (CO2), quella imputabile ai trasporti è pari al 25% e di quest’ultima solo il 13% è appannaggio di auto e van. Passando al monossido di carbonio (CO), agli idrocarburi incombusti (HC) e agli ormai famosissimi ossidi di azoto (NOx), anche in questo caso l’80% delle emissioni di particelle nocive per la salute e per l’ambiente non sono imputabili ai gas di scarico emessi dalle moderne automobili”.
Lo studio quindi vuole portare alla luce come l’odierna volontà di scaricare tutte le colpe dell’inquinamento che stringe la morsa sui nostri centri urbani sul trasporto su gomma sia una pratica errata e controproducente. Pratica portata avanti tanto dalle istituzioni, quanto dall’opinione pubblica e spesso da una parte della stampa non sempre ben informata. Lo studio, pur considerando che si debba continuare a migliorare il parco circolante puntando magari su una mobilità quanto più sostenibile, pensa che si debba anche prevedere una sorta di riscaldamento degli edifici sostenibile con la continua sostituzione degli impianti di riscaldamento più vecchi e meno efficienti con impianti più moderni. Non va dimenticato, infatti, che negli ultimi hanno sono stati fatti passi da gigante nella riduzione delle emissioni di molti inquinanti atmosferici dovute ai trasporti su strada ma non altrettanti passi in avanti sono stati fatti nel settore del riscaldamento e in quello delle attività industriali.
Basti pensare che per la sola CO2, la normativa europea del 1995 imponeva un massimo di 186 g/km, mentre per il 2021 il target è stato posto a 95g/km, con una riduzione complessiva del 49%. Gli stesso NOx sono passati dai 0.97 g/km del 1992 agli 0,08 g/km del 2014, mentre per il particolato si è passati da un valore limite di 0,14 g/km nel 1991 a 0,005 g/km del 2014. Sicuramente si dovranno attuare altri sforzi per migliorare ancora di più la situazione e avvicinarsi sempre più a una mobilità sostenibile, promuovendo, ad esempio, un uso più ampio dei carburanti alternativi e migliorando l’efficienza dei trasporti con soluzioni di spostamento multimodali e di mobilità condivisa. Ma capite bene come ogni intervento successivo e ancora più restrittivo sulle emissioni emesse dai motori endotermici porterebbe ad un inutile aumento dei costi che verrebbe riversato sull’utente finale, a fronte di benefici molto limitati.

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