Inquinamento atmosferico: qualche numero in più su cui riflettere

Una carrellata di numeri, studi e ricerche di diverse istituzioni, organizzazioni e università riporta in auge la tematica di come non sia il trasporto pubblico la maggiore e unica fonte di inquinamento ma di come vi siano sicuramente altre fonti altrettanto importanti e che tra queste non vanno sicuramente trascurati i sistemi di riscaldamento degli edifici.
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La riduzione delle emissioni inquinanti è una tematica sempre più calda specie in un periodo come questo di forti cambiamenti climatici e numerose catastrofi meteorologiche e ambientali. Quello che però si è fatto fino adesso è accanirsi unicamente con il mondo automotive e dei trasporti tanto privato quanto pubblico, un accanimento che ha portato da un lato alla realizzazione di motorizzazioni sempre più pulite, certo non prive di emissioni inquinanti/nocive sia chiaro ma sicuramente meno dannose per l’ambiente e l’uomo, e dall’altro alla progettazione e sviluppo di motorizzazioni alternative alimentate con fonti di energia sempre più rinnovabili.

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Con questo non vogliamo insinuare che il mondo dell’auto non sia responsabile dell’inquinamento ma che forse bisognerebbe prendere in considerazioni anche ben altre fonti di inquinamento che non sono sicuramente da meno nella formazioni di inquinamento atmosferico. Tra queste “peccatori” vi sono sicuramente i sistemi di riscaldamento obsoleto, il settore industriale, il trasporto aereo e navale e l’agricoltura. Dopotutto, nonostante i continui blocchi del traffico, le sempre più stringenti normative, i sempre più severi cicli di omologazione e i continui miglioramenti in ambito meccanico, la qualità dell’aria nelle principali città italiane non è migliorata in modo sostanziale o almeno quel tanto che ci si sarebbe aspettati.
Anche se a voler essere pignoli non si può proprio dire che questi interventi non abbiano sortito effetti ma che forse bisognerebbe fare anche dell’altro intervenendo su altre fonti. Secondo quanto riportato dalla stessa ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association) non solo la CO2 è passata dai 186 g/km massimi del 1995 ai 95g/km massimi per il 2021, ma anche gli NOx sono passati dai 0.97 g/km massimi del 1992 ai 0,08 g/km massimi del 2014 e pure il particolato è sceso dai 0,14 g/km massimi del 1991 agli 0,005 g/km massimi del 2014. L’ACEA ha poi però dichiarato come non sia l’automobile o il trasporto leggero su gomma la vera e principale causa di inquinamento atmosferico. Fatta 100 l’emissione totale di anidride carbonica (CO2), quella imputabile ai trasporti è pari al 25% e di quest’ultima solo il 13% è appannaggio di auto e van. Inoltre, fatta 100% l’emissione totale di particelle inquinanti, solo il 20% è imputabile alle emissioni derivanti dal trasporto pubblico e privato su gomma.
Alla dichiarazione di ACEA sulle emissioni di CO2 si affiancano poi le dichiarazioni dell’ARPA che ha rilevato come, fatta 100 l’emissione complessiva di PM10, i motori diesel inciderebbero solo per il 14% mentre tutto il traffico veicolare, prendendo in considerazione anche le polveri generate da pneumatici, asfalto e pastiglie dei freni, raggiungerebbe un massimo del 27%. Una dichiarazione che trova riscontro in una ricerca del Politecnico di Milano che rivela che i sistemi di riscaldamento obsoleti, specie se alimentati a gasolio, sarebbero tre volte più inquinanti delle vetture sul fronte delle polveri sottili. La stessa ricerca continua affermando che negli ultimi 20 anni il particolato emesso dalle caldaie nelle città sarebbe addirittura raddoppiato a contrario, invece, delle polveri sottili emesse dal trasporto su gomma che sarebbero diminuite di circa il 60% nello stesso arco temporale. La ricerca termina indicando le vecchie caldaie tutt’ora in funzione come il principale nemico dell’aria nelle città perché colpevoli del 50% dell’anidride carbonica presente in atmosfera e del 30% delle polveri sottili.
Una situazione non di certo migliorata dall’introduzione delle stufe a pellet, diversamente da quanto inizialmente si ipotizzava. La combustione di biomasse legnose erano, infatti, ritenute “green” perché minori produttrici di anidride carbonica rispetto ai riscaldamenti a metano e a GPL. Peccato che, come certificato dall’Arpa (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale), le stufe a pellet siano ora ritenute responsabili del 45% di tutte le polveri sottili da attività di riscaldamento della regione Lombardia. Il combustibile vegetale potrebbe anche essere una soluzione a bassa emissione di anidride carbonica se bruciato in impianti ad alto rendimento. Purtroppo spesso le condizioni non sono così ideali e quindi una stufa a pellet di qualità mediocre, con cattiva manutenzione, alimentata con combustibili non selezionati emetterebbe polveri sottili come un centinaio di caldaie a metano ad alta efficienza. Lo stesso Politecnico di Milano avrebbe poi affermato che rinnovando gli impianti dei venti capoluoghi regionali italiani permetterebbe di ridurre le emissioni in atmosfera dal 10 al 50%, un risultato sicuramente migliore dei continui blocchi del traffico che, guarda caso, vengono imposti durante i periodi di siccità invernale.
In ultimo è intervenuto il RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) affermando che non solo la prima causa di inquinamento per ammoniaca in Lombardia sia da imputare all’agricoltura – i concimi azotati sarebbero la causa del 98% delle emissioni lombarde di ammoniaca e del 6,7% delle PM10 – ma anche che solo il 35/40% delle polveri sottili presenti in città è stato prodotto in loco perché la restante percentuale è importata dall’hinterland e dalle campagne tramite l’effetto camino: a causa dei moti convettivi, generati dalla maggiore temperatura esistente in città rispetto alla campagna, l’aria più calda vola verso l’alto attirando verso la città e verso la superficie l’aria più fresca ma inquinata proveniente dalle campagne, dalle tangenziali e autostrade e dalle fabbriche dell’hinterland.
Chiudiamo facendo una doverosa precisazione. Vi è una netta differenza tra la anidride carbonica CO2, una sostanza climalterante e responsabile dell’effetto serra e del riscaldamento globale, e tutte le altre sostanze inquinanti (NOx, SOx, PM, ecc), sicuramente nocive per la nostra salute, che peggiorano la qualità dell’aria che respiriamo. Il problema è che quando si paragonano le responsabilità di diverse sorgenti di emissioni nocive si fa di tutta un’erba un fascio non andando a precisare o non precisandolo abbastanza se ci si stia riferendo alla “semplice” CO2 o alle altre sostanze veramente nocive per l’uomo.

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